“Sono colpevole dell’omicidio Noviello ma non mi pento”. Così il capo dell’ala stragista dei Casalesi Giuseppe Setola intervenuto in video-conferenza dal carcere di Milano-Opera all’udienza del processo per l’omicidio di Domenico Noviello in corso al tribunale di Santa Maria Capua Vetere. Il camorrista, gia’ condannato a sette ergastoli definitivi per 15 omicidi, in sede di dichiarazioni spontanee, per la prima volta si e’ autoaccusato del delitto del commerciante. Noviello fu ucciso a Castel Volturno il 16 maggio 2008. Setola inoltre ha indicato i complici. “A Massimo Alfiero diedi mandato omicidiario” dice il killer che poi accusa anche gli imputati Metello Di Bona e Luigi Tartarone, pentito. Setola inoltre afferma: “stavo facendo la scelta collaborativa ma sono tornato indietro altrimenti avrei dovuto accusare tutta Casal di Principe e mia figlia non sarebbe piu’ potuta andare a scuola a Casale. Quando avevo intenzione di collaborare – ha detto ancora Giuseppe Setola – venne da me in carcere il dottor Conzo che pero’ mi disse che ero pazzo”. In una lettera inviata alla Corte d’Assise (presidente Maria Alaia) il 21 luglio scorso, e acquisita oggi agli atti, il killer aveva già preannunciato la svolta della sua strategia difensiva. Nella lettera, Setola prima afferma di non aver commesso il delitto Noviello e poi fa capire di essere stato il mandante e chiede scusa alla famiglia “era un brav’uomo non meritava di morire”, ha scritto.
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Tra abusivismo e lavoro nero, scoperto un bunker “freddo” usato dal killer Setola
Un bunker probabilmente usato durante la latitanza dal capo dell’ala stragista dei Casalesi Giuseppe Setola – detenuto a Milano-Opera e condannato definitivamente a otto ergastoli per 15 omicidi su un totale di 18 avvenuti nel Casertano tra il maggio e il dicembre 2008, tra cui la strage di sei immigrati africani – e’ stato scoperto dai carabinieri a Casal di Principe. Del sanguinario boss, che entro l’autunno potrebbe ricevere il nono ergastolo per l’omicidio dell’imprenditore Domenico Noviello (il pm della DDA di Napoli Alessandro Milita ha chiesto il massimo della pena nella requisitoria del giugno scorso davanti alla Corte d’Assise di Santa Maria Capua Vetere – ndr), non sono state trovate tracce nel nascondiglio ma i militari della Compagnia di Casal di Principe guidati da Michele Centola ritengono che il covo sia stato tra quelli che il killer utilizzava nei suoi spostamenti tra l’Agro-aversano e il vicino litorale domizio. L’immobile si trova in via Fellini, a poche decine di metri da quella che era l’abitazione di Setola, separato da quest’ultima solo da un altro stabile. L’ipotesi dei Carabinieri sembra essere sostenuta dal fatto che il proprietario dell’immobile, residente a Casal di Principe, pur non avendo precedenti penali, è figlio di un soggetto coinvolto nel maxi-processo Spartacus, nel quale era imputato Setola. Il bunker, ora ‘freddo’ e gia’ scoperto nel 2008 quando fu oggetto di perquisizione ma non fu sequestrato, era nel seminterrato di uno stabile, ed e’ composto da un monolocale abusivo con bagno annesso, collegati con un’altra pertinenza dell’immobile attraverso un corridoio sotterraneo lungo circa 25 metri e largo circa 2. Continua la lettura di Tra abusivismo e lavoro nero, scoperto un bunker “freddo” usato dal killer Setola
L’odio razziale dietro la strage dei sette africani sulla Domiziana
Il commando dei casalesi responsabile della “strage di San Gennaro” incompiuta del 18 agosto 2008, nella quale a Castel Volturno scamparono miracolosamente alla morte rimanendo feriti cinque nigeriani, e dell’eccidio nel quale un mese dopo, il 18 settembre, vennero uccisi sei ghanesi – bilancio poi salito a sette per la morte di un sopravvissuto – agì con “elevatissima aggressività” senza curarsi della incolumità di nessuno e animato da “evidente avversione e chiaro disprezzo per le persone di colore”. Lo sottolinea la Cassazione nelle motivazioni di conferma delle condanne per i cinque killer imputati depositate il 16 maggio e relative all’udienza del 30 gennaio. I casalesi avevano deciso di far pagare il pizzo ai pusher africani, e come prima cosa avevano preso di mira una associazione di nigeriani che si batteva per la legalità in contatto con le forze dell’ordine. Le armi si incepparono e la mattanza si bloccò. Il mese dopo – ha raccontato il ‘pentito’ Oreste Spagnuolo, presente ai blitz – “visto che i nigeriani non avevano capito da chi fosse partita la spedizione punitiva”, era stato organizzato “un altro raid presso la sartoria sulla statale Domitiana dove erano solite radunarsi persone di colore”. Il gruppo del Setola travestito con l’uniforme dei carabinieri e fingendo un controllo sparò con quattro pistole, due kalashnikov e una mitragliatrice. Oltre a rendere definitivo l’ergastolo per il capo dell’ala stragista Giuseppe Setola (44 anni), per Alessandro Cirillo (38), per Giovanni Letizia (34) e per Davide Granato (39), la Prima sezione penale della Suprema Corte ha anche confermato l’aumento di pena inflitto in appello a Antonio Alluce (42 anni) che deve scontare 28 anni e sei mesi (23 anni in primo grado). Continua la lettura di L’odio razziale dietro la strage dei sette africani sulla Domiziana