L’ombra della mafia casalese negli appalti dei rifiuti

Quando si tratta di monnezza dietro c’è sempre un sistema. Sono decenni che i magistrati delle Procure campane ci lavorano. Basta individuare la testa. Le teste. I cerberi nell’affaire rifiuti sono sempre più di uno. Sì, perchè a volte i protagonisti in campo ambientale sono tanti. Servono tante teste. Quelle di legno soprattutto tra i politici, tra gli imprenditori, tra i faccendieri. Se c’è un corrotto c’è anche sempre un corruttore. Se c’è l’appalto dei rifiuti in mezzo la maglia si allarga: il filo d’Arianna è lungo, lunghissimo in alcuni casi. Qualcuno aveva tentanto agli inizi degli anni ’90 di raccontare tutto ai pubblici ministeri che indagavano sugli affari del clan Puccinelli-Perrella del Rione Traiano. “Dottò a monnezza è oro”. I Re Mida nel frattempo sono diventati tanti. A spese dei cittadini che, molte volte incoscienti, subiscono le angherie di chi ha fiutato l’affare e che alle loro spalle procede, contratta, cambia riferimenti, illude chi si ferma a parlare. Chi è a capo del sistema monnezza sa quello che vuole: trasformare il pattume in oro. Ebbene sì. Nel metallo più prezioso. Perchè la monnezza realmente se fatta passare (e quando più circola più alti sono i costi – nda) nei canali giusti diventa un metallo raro tra quelli prezioni. Platino addirittura. Gli appalti che i comuni firmano e sottoscrivono con le aziende di raccolta e smaltimento dei rifiuti soliti urbani sono milionari (in euro). Un tempo miliardari. E chi si è buttato nel business ecologico ha capito che farà molti soldi. A palate, a camionate. Da trent’anni la nostra maledetta terra è vittima di questi sporchi affaristi. La camorra, la mafia made in Casal di Principe si è ficcata nell’affare tardi. Molto tardi. Solo alla fine degli anni ’80 quando costituì una commerciale dei veleni. Quei veleni che oggi in minimissima parte sono stati svelati dalle varie inchieste. Quei veleni che hanno fatto diventare il sottosuolo di Gomorra una miniera di metalli pesanti e altre scorie. Ma questa è un’altra storia, in Campania a partire dal dicembre del ’93 c’è stata un’emergenza che ha sottratto ai cittadini ben 8 miliardi di euro. Commissariamenti che molte volte hanno semplicemente significato spartizioni criminal-clientelari a base politica. Nei giorni scorsi a proposito di rifiuti la Procura di Napoli ha svelato di aver avviato nel 2017 un’indagine capillare  su presunti “traffici organizzati di rifiuti, realizzati nel quadro di una vasta e ramificata attività di illecito condizionamento delle funzioni pubbliche deputate alla gestione del ciclo dei rifiuti in Campania e, in particolare, alla gestione degli appalti dei servizi di raccolta, trasporto e smaltimento affidata alle cure di amministrazioni comunali”. A renderlo noto il procuratore Giovanni Melillo. “Le indagini sono volte anche a verificare la presenza, in alcuni settori della filiera produttiva e con riguardo a specifiche ipotesi di fraudolento condizionamento delle aggiudicazioni di appalti e delle scelte di pubblici amministratori e funzionari, di soggetti d’impresa e di interessi della criminalità organizzata”. Il business sporco della monnezza in mano ai clan. Per un osservatore attento quale è la novità? Nel recente passato ci sono state tante condanne che hanno schiarito le idee. La politica al servizio della criminalità casalese per far ottenere ad imprenditori collusi e corruttori gli appalti. Evidentemente per la Procura di Napoli i “sistemi” non sono finiti. Anzi. Si sono facilmente riprodotti. A nessuno hanno interessato le condanne. A nessun partito politico. L’intero arco costituzionale, uomini e donne di tutti i partiti politici hanno avuto a che fare con problemi giudiziari legati alla monnezza e al business dei rifiuti. Di destra e di sinistra. A finire questa volta nelle indagini coordinate dai pubblici ministeri di Napoli amministratori pubblici, dirigenti, funzionari e tecnici tra Caserta, Aversa, Cardito, Casandrino, Sant’Arpino, Recale e Casalnuovo, comuni che si trovano tra il casertano e il napoletano e soprattutto nell’Agro aversano, e anche nelle società Campania Ambiente e Servizi e Sapna. L’indagine farebbe emergere le mani della mafia casalese della vicenda. Sotto la lente d’ingrandimento del NOE di Roma e Caserta il sindaco di Caserta, Carlo Marino, dirigenti comunali del capoluogo, il consulente Carlo Savoia e l’avvocato con la passione per l’ambiente Paolo Galluccio, ex assessore dell’attuale giunta municipale fino al luglio dell’anno scorso. Proprio lo scorso luglio il raggiante giuslavorista normanno si è visto confermare coordinatore cittadino del partito Forza Italia dall’attuale presidente della Provincia di Caserta, Giorgio Magliocca. Dunque ad Aversa non bastavano i problemi con l’antimafia del primo cittadino, anche uno dei plenipotenziari del partito di Sua Emittenza dell’Agro aversano è formalmente indagato dalla DDA di Napoli. Ma per la questione monnezza.