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In gabbia il vivandiere di Michele zagaria

I mafiosi made in Casal di Principe sono attivi sul territorio più che mai. Chi vorrebbe l’Agro aversano libero, sgombro dai tentacoli della piova casalese ha ancora da attendere e chissà per quanto. “Eppur si move”. Qualcosa sotto le ceneri del focarazzo dello strapotere canceroso del Male c’è ancora e si dimena. A fatica ma c’è. Perché purtroppo i legami con le vecchie famiglie di riferimento sono indistruttibili. Non servono più i patti e i giuramenti sui santini. Pur di mantenere il controllo della propria zona di riferimento si fanno patti anche con chi si mostra fragile: la maglia è così spessa ma intricata dei loschi affari che ogni tanto si rinuncia a qualcosa, il necessario è non abbandonare o lasciare le mani dello Stato gli affari almeno quelli più grossi e redditizi. A Gomorra altro che agenzia interinale o centro per l’impiego. Continua la lettura di In gabbia il vivandiere di Michele zagaria

Aversa, i lavori pubblici li fanno i parenti dei mafiosi

Nella Terra di Gomorra la storia si ripete come altrove. E mai per caso. Le coincidenze non esistono. Gli uomini passano. Le parentele restano. Oggi ci sono sulla scena politico-amministrativa aversana i figli, i nipoti, compari. Certe appartenenze non si rinnegano. Mai. Quando ci fu la posa della prima pietra del mastodontico blocco di cemento del Villaggio Coppola che ha devastato l’intero Litorale Domitio c’era il Vescovo a rappresentanza della Chiesa che andava a braccetto con la politica che contava. Quella delle poltrone ministeriali, dei bottoni, dei compromessi. Quella politica che è stata il mandante morale delle fabbriche di clientele e profitti. Un regime plutocratico di natura ereditaria al gusto di baccalà. Continua la lettura di Aversa, i lavori pubblici li fanno i parenti dei mafiosi

Lorenzo Diana, una vita spesa sul fronte anticamorra

Lotta alla camorra e per gli ideali. Una vita sul fronte. Lorenzo Diana oggi è un uomo segnato dal calvario che sta affrontando. L’ex parlamentare è una persona che sta affrontando la sua odissea giudiziaria silenziosamente. Da giovane ha scelto da che parte stare, nonostante sia nato in un territorio che registrava e registra la più alta densità criminale in Europa. Cresciuto in una famiglia di coltivatori diretti di San Cipriano d’Aversa, Lorenzo Diana fin da ragazzo ha abbracciato le idee e le aspirazioni di una sinistra, quella comunista, che nel territorio di Albanova (San Cipriano d’Aversa, Casal di Principe e Casapesenna – nda) aveva una delle sue roccaforti in Terra di Lavoro. Continua la lettura di Lorenzo Diana, una vita spesa sul fronte anticamorra

Gaetano Cerci, l’uomo dei traffici di veleni che incontrò Licio Gelli

Squadra e compasso. Grembiulino e affari. Sangue e piombo. La camorra alla fine degli anni ’80 entra nel business puzzolente della monnezza. Miliardi a palate. Qualcuno dice a camionate. Pecunia non olet. Dapprima i titolari di discariche del casertano e del napoletano entrano nello sporco affare. Poi devono ausiliarsi della mano criminale dei camorristi. Faccendieri con giacca, cravatta e le giuste amicizie contrattano con gli industriali del Nord. Ma da soli, gli imprenditori monnezzari non possono accedere dappertutto. Continua la lettura di Gaetano Cerci, l’uomo dei traffici di veleni che incontrò Licio Gelli

Il padrino Antonio Iovine vuota il sacco e in Terra di Gomorra sono in molti a tremare

Aveva solo vent’anni, ed il battesimo del fuoco arrivò in un afoso giorno d’inizio estate del 1984. Scontro tra bande avverse, la Nuova Famiglia contro i seguaci del Professore di Vesuviano, l’assassinio di Ciro Nuvoletta avviò la guerra nella Campania post terremoto. Lo scontro sanguinario non aveva età, davanti ai due capi, Antonio Bardellino e Vincenzo De Falco, il Ninno, come lo avevano soprannominato ad Antonio Iovine, si avviava alla carriera di boss. Subito dopo l’agguato si svolse il rito di affiliazione: il dito ”pugnuto”, il santino macchiato di sangue che si incendiava tra le mani, il giuramento che sarebbe venuto meno come quella figurina se avesse tradito. Antonio Iovine, boss pentito del clan dei Casalesi, al patto di sangue è venuto meno: “ho iniziato la collaborazione per avere un futuro migliore, per dare una svolta alla mia vita”, ha esordito così ‘o ninno, nell’aula ex 30 della Corte d’Assise del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, in un afoso sabato di giugno, lo stesso mese del suo battesimo di fuoco. Regolamenti di conti, lotte intestine, appalti pilotati, funzionari e amministratori comprati o collusi, buste gialle, fogli bianchi, milioni e milioni di euro, soldi pubblici finiti nelle casse di imprenditori che sceglievano i loro riferimenti criminali. “Fui affiliato al clan dei casalesi con la pungitura nel 1985, lo stesso giorno dell’omicidio Di Nuvoletta, ad affiliarmi – ha detto gesticolando con la mano destra ‘o ninno, l’eterno bambino – furono Antonio Bardellino e Vincenzo De Falco. Mi punsero un dito e fecero cadere alcune gocce di sangue su un santino. Pronunciai un giuramento le cui parole esatte non ricordo, ma nel quale mi impegnavo a non tradire il clan”. Continua la lettura di Il padrino Antonio Iovine vuota il sacco e in Terra di Gomorra sono in molti a tremare