Il contrabbando di farmaci nelle mani del clan Bidognetti

 

In terra di mafia casalese i sodalizi criminali hanno il controllo di tutto. Intanto nell’ultimo periodo si sono camaleonticamente modificati, hanno cambiato pelle, uomini e ambiti di azione. Hanno in mano dalla gestione dei flussi economici di capitali leciti ed illeciti di “famiglia” al pizzo e prostituzione, passando per traffico di tabacchi lavorati esteri al consolidato e vetusto traffico di droga. Alla fine dello scorso mese di settembre è stato sgominato un sodalizio criminale dedito al contrabbando di farmaci da un’inchiesta coordinata dalla direzione distrettuale antimafia di Napoli. Pur di fare soldi sono disposti a tutto, nessuno li ferma o quasi. La brillante operazione ha visto protagonisti i militari del Gruppo carabinieri di Aversa agli ordini del colonnello Donato D’Amato da pochi mesi nuovo comandante. Un circuito perverso di acquisto, stoccaggio e vendita di medicinali salvavita, procurati attraverso ricette rubate in ospedali e studi medici in zone diverse del Paese. La banda di criminali pensava a tutto. C’era chi con la scusa di sentirsi male andava presso studi medici e sottraeva i ricettari. Chi con l’uso di un computer compilava le ricette “rosse” con le prescrizioni mediche a nome di ignari medici professionisti accreditati presso il servizio sanitario, e chi invece poi provvedeva a recuperare i medicinali di classe “A” (Spiriva, Aliflus, Dovobet, Crestor, tutti inalatori per patologie respiratorie – nda), in totale esenzione di ticket a carico del sistema sanitario regionale in favore di pazienti inesistenti o non consapevoli dalle farmacie. Poi c’era chi provvedeva allo stoccaggio e alla commercializzazione abusiva: i medicinali venivano recuperati e inviati all’estero (Regno Unito ed in Albania) tramite vettori compiacenti (un box express di Parete) senza ovviamente rispettare le norme sulla corretta conservazione dei prodotti, e con pericolo per la salute delle persone. I criminali operavano tra la Lombardia, il Lazio e la Campania anche se il centro operativo proprio tra le province di Napoli e Caserta, dove i medicinali venivano stoccati e da dove pervenivano i proventi caricati su carte Postepay Evolution (intestate agli affiliati) dalle aziende farmaceutiche estere cui venivano spediti i farmaci. Ricariche e telefoni dedicati per l’attività fraudolenta. Gli affiliati prendevano recuperavano dall’attività illecita circa 200 euro alla settimana. Il resto veniva “raccolto” dal capo del sodalizio Perrone Massimo detto o’parente che provvedeva ad alimentare le casse delle famiglie di Bidognetti Michele e di Schiavone Antonio. Chi può creare tutto questo business se non una mente diabolica? Alcuni di questi criminali assicurati alla Giustizia vennero alla ribalta due anni fa quando usarono la forza dell’intimidazione mafiosa a colpi di mitraglietta e tritolo diretti a chi si opponeva al pagamento del racket nei territori tra le province di Napoli e Caserta. L’organizzazione, che nel corso degli approcci estorsivi si presentava come la “Nuova gerarchia del clan dei casalesi”, fu costituita per conto di Michele Bidognetti fratello del famigerato Cicciotto e’ mezzanotte sul finire del 2016 aveva come capo. Ha avuto modo di “lavorare” sul campo solo un paio di anni. Poi due collaborazioni con la Giustizia hanno eclissato definitivamente le mire criminali della Nuova gerarchia. Ad illustrare ai magistrati della DDA di Napoli le malefatte del neo gruppo costituito con base tra Giugliano e Sant’Antimo, due giovanissimi affiliati Antimo Di Donato e Luigi Moschino, fermati nel marzo 2018 per gli attacchi dinamitardi a sfondo estorsivo ad alcuni imprenditori nei territori di Giugliano e Parete. Dunque non solo armi e tritolo per il gruppo Perrone: il clan aveva allargato la propria sfera d’azione impegnandosi in settori quasi mai battuti in modo sistematico, che avrebbe fruttato all’organizzazione, in meno di due anni, guadagni per oltre 600mila euro.