Sono triste veramente questa mattina, forse come quando sono venuti a mancare i miei cari. Non l’ho mai conosciuto di persona, ahimè, peccato! È morto Roberto Mancini, il sostituto commissario della Polizia di Stato e collaboratore della Commissione di inchiesta, che si era ammalato per svolgere le indagini sul traffico dei rifiuti nella Terra di Gomorra. Ne ha fatto una ragione di vita, ha servito per 34 anni quello Stato che poi lo ha abbandonato, quando si è ammalato di linfoma di Hodgkin (cancro del sangue per esposizione a sorgenti tossiche e radioattive – nda), alla sua famiglia ed ai suoi affetti più cari. Lascia moglie e una ragazza, e una mamma disperata che lo scorso 10 aprile protestava pacificamente in Piazza Montecitorio chiedendo il giusto riconoscimento per la condizioni di salute del figlio ricoverato da mesi e mesi nell’ospedale di Perugia. Quella di Roberto Mancini è stata una vita di passione e dedizione per il proprio lavoro. Una persona che non si è mai piegata ai poteri forti, sempre in prima linea alla ricerca della verità. Tante le inchieste portate avanti dai magistrati grazie alle indagini condotte dal sostituto commissario e dalla sua “squadra”. Tanti i silenzi e le coperture di una parte delle istituzioni. Correva l’anno 1996 e il poliziotto Mancini consegna un’informativa dettagliatissima alla Dda di Napoli sui traffici di rifiuti tossici e nocivi nella Terra dei Fuochi, nella terra dei casalesi: le indagini dell’attivo funzionario partono nel 94′, l’imprenditore Cipriano Chianese il suo chiodo fisso, il “gioco” era pericoloso e rischioso, aveva capito tutto l’investigatore. Traffici Nord-Centro-Sud, cooperative rosse, la Indesit della famiglia Merloni, massoneria e piccoli industriali locali: gli uomini del clan della mafia casertana addetti al business miliardario del traffico dei rifiuti facevano affari con tutti. Lo sconvolgente scenario disegnato da un’informativa della Criminalpol del 1996 non ha avuto seguiti giudiziari fino a qualche anno fa. Solo la solerzia e la tenacia del pubblico ministero della distrettuale partenopea Alessandro Milita capisce il reale valore del prezioso documento del funzionario romano: inizia il processo (in un’intervista Roberto Mancini lo definisce “storico”) per disastro ambientale e inquinamento delle falde acquifere contro gli avvelenatori della Terra dei Fuochi alla Quinta Assise del Tribunale di Napoli e l’informativa finisce depositato tra gli atti. Roberto Mancini è tra i testimoni chiamati dal pm Milita. Nell’aula 116 del Tribunale di Napoli era il dicembre del 2011 quando il Mancini testimonia nello “storico” procedimento contro il gotha dei rifiuti. Un vero fiume in piena il sostituto commissario all’epoca in servizio presso il Commissariato San Lorenzo a Roma. “Roberto Mancini e’ morto, ucciso dallo Stato che ha servito fedelmente” twitta la deputata pentastellata Lombardi. La tragica ed unica verità.