Trentola nelle mani del clan Zagaria, sequestrato il patrimonio dei Balivo

Nell’Agro aversano è in corso una battaglia senza pari. Da un lato lo Stato, dall’altro le forze del Male. Anche se con non poche difficoltà, gli organi deputati al controllo e alla sicurezza in una terra malata e stanca di subire le angherie di un esercito organizzatissimo e spudorato, stanno lentamente portando a casa risultati eccellenti. Le mafie oggi hanno cambiato camaleonticamnete il loro volto. A dimostrarlo sono le parole dello stesso Procuratore Nazionale Antimafia, Federico Cafiero de Raho: “la camorra non si occupa più, come avveniva prima, del settore dei rifiuti. Penso al clan dei casalesi, per cui i rifiuti erano come l’oro. Dopo il contrasto giudiziario e investigativo degli anni scorsi la situazione è cambiata. Oggi i clan – prosegue il procuratore nazionale antimafia – preferiscono occuparsi di altri business su cui c’è meno attenzione e maggiori guadagni, per reinvestire poi i capitali nei più svariati campi dell’economia, che resta inquinata”. Un monito a chi potrebbe fare qualcosa ma stenta ad affacciarsi sulla scena con un ruolo di protagonista principale: “la politica deve concentrare i suoi sforzi nella battaglia contro le mafie sul settore economico. E deve premiare gli imprenditori che denunciano il pizzo, penso ad una quota di appalti pubblici che potrebbe essere destinata proprio agli operatori economici coraggiosi”. “Le mafie – ha proseguito de Raho – alterano la normale concorrenza economica, per cui è giusto prevedere che una parte di appalti vada a chi ha denunciato i clan, ovvero imprenditori che la camorra ha estromesso da un settore dell’economia favorendo una propria azienda”. È del luglio scorso il maxisequestro da 45 milioni di euro per due imprenditori edili trentolesi, Gaetano e Silvestro Balivo, ritenuti tra i più vicini all’ex primula rossa del clan dei casalesi Michele Zagaria alias capastorta, il cui vasto patrimonio è ormai finito nel mirino degli inquirenti antimafia, che periodicamente appongono i sigilli a beni a lui riconducibili ma intestati a operatori che, come i Balivo, hanno reinvestito i soldi illeciti, diventando poi grazie all’appoggio del clan, monopolisti nel proprio settore. È stata proprio la Direzione Nazionale Antimafia a chiedere che finissero sotto chiave i 100 immobili ubicati nei comuni casertani di Trentola Ducenta, Sessa Aurunca e Aversa, e a Fiuggi, cinque società operanti nel settore edile e in quello dei prodotti ortopedici, rapporti finanziari aperti presso 14 istituti bancari, 13 veicoli, tra cui 9 auto, tre autocarri e una moto. I due Balivo furono coinvolti nell’operazione Zenit della Dda di Napoli che nel dicembre 2015 travolse l’Amministrazione comunale di Trentola Ducenta, con l’arresto dell’allora sindaco Michele Griffo e di altri amministratori, in relazione in particolare alla realizzazione del centro commerciale Jambo, ritenuto creatura del boss Michele Zagaria; per i pm antimafia l’amministrazione Griffo sarebbe stata pesantemente condizionata dal clan Zagaria, tanto da essere poi sciolta per infiltrazioni camorristiche fino alle elezioni del giugno scorso. In tale contesto si inseriscono le figure dei fratelli Balivo, che per gli inquirenti avrebbero raggiunto una posizione di assoluto rilievo nel settore dell’edilizia e dei prodotti per l’ortopedia grazie all’appoggio del clan. Gaetano, 57enne, ruolo chiave, nel 2015 finì in carcere con l’accusa di associazione camorristica, e ed è stato poi condannato a 14 anni di carcere in primo e secondo grado. Dal processo è emerso il rapporto fiduciario con Zagaria protrattosi durante tutto il periodo della latitanza del boss, durata oltre 15 anni, un arco temporale durante il quale Balivo ha diramato sul territorio gli ordini e le direttive impartite dal boss, investendo in attività produttive lecite i proventi illeciti del clan, e fungendo anche da prestanome per il boss. “Quando vedo Balivo è come se vedessi Michele Zagaria” ha raccontato il pentito Francesco Della Corte. Per gli inquirenti l’imprenditore ha anche fornito “denaro fresco e pulito” al clan, ricevendo in cambio appoggi nella sua attività, riuscendo dunque ad avere appalti grazie alla forza di persuasione della cosca, alterando così la concorrenza a danno di imprenditori onesti. Negli anni è poi venuto alla luce anche il ruolo altrettanto importante del 64enne Silvestro, prima accusato di concorso esterno, poi, grazie alle dichiarazioni di numerosi collaboratori di giustizia, di essere organico al clan, sebbene in posizione più defilata e meno esposta rispetto al fratello, di cui però, agli occhi del clan, era l’alter ego. Per gli inquirenti Silvestro, peraltro mai rinviato a giudizio, è diventato tra i principali imprenditori nel settore del movimento terra, da sempre “core business” del clan Zagaria. Intanto un altro tassello si aggiunge alla storia del centro commerciale Jambo. Il 12 settembre scorso la Corte d’Appello di Napoli ha confermato la confisca di primo grado disposta nel dicembre 2016. Venti anni di carcere per il superboss Michele Zagaria. La sentenza in Appello ha confermato la pena a 14 anni di carcere per l’imprenditore Gaetano Balivo e per Vincenzo Di Sarno. 6 anni e 6 mesi sono stati comminati al collaboratore di giustizia ed ex assessore del Comune di Trentola Ducenta Luigi Cassandra; 9 anni e 4 mesi a Giovanni Garofalo; 8 anni a Giuseppe Garofalo; 11 anni e 8 mesi a Carlo Bianco; 12 anni a Raffaele Cantone; 9 anni a Vincenzo Picone; 10 anni e 8 mesi a Tommaso Tirozzi; 6 anni e 8 mesi a Raffaele De Luca; 2 anni ed 8 mesi a Giuseppe Petrillo. Finalmente giustizia per un territorio in cui i clan ne hanno determinato le sorti. Lo Stato non può mollare la presa. Nonostante c’è ancora tanto da fare, siamo sulla buona strada.