“Ho sognato Papa Wojtyla e mi ha detto: pentiti”. Parola di Giuseppe Setola, il capo dell’ala stragista dei casalesi, autore reo-confesso di 46 omicidi. Al processo per l’omicidio dell’imprenditore Domenico Noviello, ucciso il 16 maggio del 2008 per aver denunciato gli estorsori del clan, il killer parla da “aspirante collaboratore di giustizia”. Non e’ ancora un pentito, come specifica il presidente della Corte d’Assise davanti al quale pende il processo Maria Alaia. “Setola – spiega – e’ un imputato che sta facendo dichiarazioni la cui attendibilita’ andra’ valutata”. Il pm della Dda di Napoli Alessandro Milita lo ha sentito per la prima volta sabato 12 ottobre. E oggi Milita ha depositato il verbale del primo interrogatorio: appena due paginette sull’omicidio Noviello e altre, poche, su argomenti “omissati”. In aula sono presenti i quattro figli dell’imprenditore, tra cui Mimma Noviello, che si sfoga indignata prima che inizi l’esame: “Sono qui a testimoniare che non deve passare il messaggio che con scuse e pentimenti annunciati si possano cancellare 46 omicidi. Finiamola con il ‘Setola show'”. “Non ce la faccio piu’ con questa malavita – dice in aula il killer – mi voglio fare tutti i sette ergastoli e voglio chiedere scusa ai Noviello. Una persona che denuncia come fece Domenico Noviello fa bene. Ho deciso di collaborare con la giustizia per dare una svolta alla mia vita ed a quella della mia famiglia”. Poco dopo due dei figli dell’imprenditore lasciano l’aula. Setola spiega “di aver dato ordine di uccidere Noviello prima di tutto perche’ aveva fatto prendere sei anni al mio amico Francesco Cirillo (imputato nel processo, ndr), quindi perche’ il clan in quel periodo stava inguaiato, non avevamo di che mangiare, cosi’ dovevamo uccidere un imprenditore che aveva denunciato per costringere anche gli altri a pagare e non denunciare. Cosi’ e’ avvenuto, e abbiamo fatto centinaia di estorsioni. Anche Michele Zagaria ci pagava”. “Pochi minuti dopo l’omicidio Noviello – racconta Setola – venne da me Massimo Napolano e mi diede un bacio in bocca dicendo che il delitto era stato fatto. Poi Massimo Alfiero (esecutore materiale dell’omicidio, ndr) mi disse che avevano festeggiato il delitto con Francesco Cirillo che aveva stappato una bottiglia di champagne; questa era un’usanza del clan dei Casalesi”. Setola e’ poi tornato sulla sua presunta malattia agli occhi, ribadendo di non essere mai stato malato, a dispetto delle fotografie con la benda ad un occhio diffusa dai media e dalle continue richieste di visite avanzate in tribunale. “Io ho sempre visto benissimo – ha detto – sparavo come un pazzo, come facevo a sparare se non vedevo”. Si torna in aula il 30 ottobre prossimo per la chiusura dell’istruttoria e le discussioni conclusive.