Quando la politica va a braccetto con la mafia casalese

Quando a finire nella rete della Magistratura sono i mafiosi, quasi non fa più notizia. Nella terra di Gomorra nessuno più si scandalizza. Grazie al “racconto” dei collaboratori di Giustizia sono migliaia i criminali assicurati alla Giustizia e miliardi di euro che sono diventati patrimonio dello Stato. Servono, sono utili e ben vengano nuove collaborazioni. Se non fosse stato per i collaboratori di giustizia quante persone l’avrebbero fatta franca. Tantissimi. Anche tanti errori, omissioni, silenzi inappropriati, verbali ancora desecretati. Non è tutto oro quello che luccica sicuramente, ma ad oggi la nostra terra è più libera di prima anche e soprattutto grazie al fenomeno del pentitismo. Chi fa la scelta di “collaborare” e lo fa seriamente aiuta la Giustizia. E va tutelato a tutti i livelli. Ormai le indagini, quelle che consumavano le suole delle scarpe, quelle dirette da investigatori che hanno fatto la storia dei maxiprocessi di mafia e camorra, per varie ragioni non ci sono più. I tempi sono cambiati, gli uomini e le donne delle Istituzioni pure. Il mutamento verso un’estremizzazione dei rapporti interpersonali “curati” attraverso la tecnologia ha cambiato tutti gli scenari. La tecnologia all’avanguardia del sistema di intercettazioni ha fatto negli ultimi anni passi da gigante. Le verbalizzazioni dei collaboratori di giustizia restano un punto cardine delle inchieste giudiziarie. Soprattutto quelle che riguardano i colletti bianchi. Le mafie negli ultimi anni hanno cambiato pelle. La coppola e la lupara non esistono quasi più. Oggi i criminali, quelli veri che insidiano i gangli del potere politico clientelare, hanno la giacca e la cravatta. Sono gli eletti nelle pubbliche amministrazioni, rappresentano e governano gli ordini professionali, sono chi ha in mano i pulsanti e siede nelle stanze del potere. Forse lo sono sempre stati i veri criminali quelli che per un cinquantennio hanno reso un deserto senza sabbia la nostra straordinaria terra. Molti tra coloro che avevano la possibilità di dare un volto diverso nella gestione della Cosa Pubblica sono andati a braccetto con i mafiosi, con quella plebaglia che tentava di emergere dal sottoproletariato di periferia che arrivava a sporcarsi le mani col sangue e col piombo. Nell’ultima inchiesta che ha riguardato il “tesoro” di Michele Zagaria in Transilvania ha dimostrato che senza i pentiti non si va da nessuna parte. Il GIP di Napoli, Federica Colucci, ha avuto tanto coraggio. Ha messo nero su bianco il modus operandi di una classe politica che ha governato negli ultimi anni. Nell’introduzione della misura che ha interessato i fratelli Inquieto (Nicola e Giuseppe – nda), nel capitoletto dedicato al collaboratore Generoso Restina è stata chiara: “il predetto, nelle more dell’attività istruttoria ha ulteriormente confermato le dichiarazioni già rese a quest’Autorità Giudiziaria, arricchendole di ulteriori e significativi particolari, che hanno messo in luce i rapporti politica – camorra di recente attualità investigativa e Giudiziaria; tanto si evince per i rapporti ed agli incontri tra Michele Zagaria e personaggi politici del calibro di Luigi Cesaro, già presidente della provincia di Napoli, Zagaria Fortunato, già sindaco di Casapesenna e Ciaramella (Domenico – nda), già sindaco di Aversa. Restina, infatti, nel corso degli interrogatori sostenuti, ha accennato al coinvolgimento di costoro con gruppo delinquenziale nella gestione delle tangenti per gli appalti milionari nell’area casertana e napoletana dei quali finora non si aveva notizia”. Una disamina limpida e trasparente con dati, numeri e i soggetti coinvolti. Un quadro allarmante e demoralizzante solo accennato precedentemente. “Si tratta di indicazioni connotate dall’elemento dell’assoluta novità, quelle finora rese dal Restina Generoso, in quanto è stato la persona più vicina al capo clan Michele Zagaria negli anni di maggiore espansione economico-imprenditoriale del clan agevolate, come detto, anche dai rapporti avuti con imprenditori, amministratori politici locali e rappresentanti delle istituzioni e che lo stesso dichiarante ha ricostruito anche con dovizia di particolari. Il Restina Generoso ha, inoltre, fatto riferimento a specifici fatti ed incontri avvenuti con rappresentanti politici ed amministratori locali per discutere delle questioni legate alla gestione del comune di Casapesenna, paese d’origine della famiglia Zagaria, ed alla “scelta” dei sindaci indicati direttamente dal clan”. Speriamo di leggere a breve i risvolti.