Quando il gatto non c’è i topi ballano. Il centrodestra è stata cosa sua per una ventina di anni. Nicola Cosentino, Nick o’merican per gli amici, è stato uno dei più potenti uomini politici di Terra di Lavoro. Qualcuno ha osato paragonarlo a Peppuccio Romano. E forse non si sbagliava. Con un’unica differenza: Peppuccio era figlio d’arte, Nick o’merican è uno che si è fatto da solo, ma la famiglia di origine è stata la sua rovina. Enfant prodige della politica, a soli 19 anni diventa consigliere comunale nella sua Casal di Principe. Nel frattempo si legò al deputato Alberto Ciampaglia, storico deputato socialdemocratico. A soli 21 anni entrò in rappresentanza del “sole nascente” in consiglio provinciale restandoci fino al ‘94. Calciatore mancato, Nicola Cosentino è stato uno che ha mangiato pane e politica. La politica, la sete di potere, le poltrone che contavano hanno rappresentato anche il suo tramonto. Dopo cinque condanne in due anni, nessuna delle quali definitiva e quattro anni di detenzione cautelare – due in carcere, poi ai domiciliari – a febbraio scorso è tornato libero Nicola Cosentino, l’ex potente coordinatore campano del Pdl e sottosegretario all’Economia. “Decisione giusta ma tardiva”, dicono i suoi avvocati, ricordando che l’imputato “ha affrontato la privazione della libertà con grande signorilità e correttezza”. Parlamentare dal 1996 al 2013, quando non viene reinserito nelle liste di Forza Italia – e la mancata rielezione gli costa l’immunità, facendolo finire in carcere – secondo i giudici di primo grado Cosentino era anche il referente politico nazionale del clan dei casalesi. Per questo motivo gli è stata inflitta un anno e mezzo fa dal tribunale di Santa Maria Capua Vetere una pena di nove anni per concorso esterno in associazione camorristica nel processo cosiddetto Eco4, relativo al controllo politico-camorristico del Consorzio di comuni che si occupava di rifiuti. Pochi mesi prima, a giugno 2016, era stato condannato a quattro anni di carcere dal tribunale di Napoli Nord, per la corruzione di un agente del carcere di Secondigliano; condanna confermata in appello. Due le sentenze invece nel 2017, entrambe nel tribunale di Santa Maria Capua Vetere: a marzo condanna a sette anni e sei mesi nell’ambito del processo cosiddetto “carburanti”, relativo all’azienda della famiglia Cosentino, l’Aversana Petroli, che è stata confiscata. Ad aprile condanna a cinque anni nel processo noto come “Il Principe e la scheda Ballerina”, in cui era imputato per tentativo di reimpiego di capitali illeciti con l’aggravante mafiosa in relazione al finanziamento da cinque milioni di euro per la costruzione di un centro commerciale a Casal di Principe, denominato “Il Principe”, voluto secondo l’accusa dal clan dei casalesi ma mai realizzato. Cosentino entra in carcere la prima volta il 15 marzo del 2013, quando si insedia il nuovo Parlamento e lui perde l’immunità; contro di lui pendevano due ordinanze di carcerazione. Dopo pochi mesi ottiene i domiciliari e viene rimesso in libertà nel novembre dello stesso anno. Torna così a fare politica, ma ben presto, nel marzo 2014, viene arrestato con i fratelli per estorsione aggravata dal metodo mafioso nell’ambito dell’indagine sull’Aversana Petroli. “Mai si era visto un imputato non ancora condannato definitivamente trascorrere oltre quattro anni di fila tra carcere e domiciliari”, commenta Agostino De Caro, legale dell’ex sottosegretario insieme a Stefano Montone. “La decisione sul titolo cautelare arriva forse un po’ tardi, ma meglio tardi che mai. Ora continueremo a difenderci nei tre processi d’Appello che ci attendono”. Con la nascita di Forza Italia, Cosentino approda nel partito di Berlusconi: diviene consigliere regionale nel 1995 con 16mila preferenze e solo un anno dopo viene eletto alla Camera. Nel 2005 Berlusconi lo nomina coordinatore del Pdl in Campania, e nel 2008 diventa sottosegretario all’Economia. Poi le accuse, le inchieste, la mancata ricandidatura alle politiche del 2013, il carcere, le condanne. L’ultima di qualche giorno fa a 10 mesi per diffamazione aggravata all’ex governatore Stefano Caldoro nel processo P3. Sono decine i collaboratori di giustizia che lo accusano di essere stato il referente del clan dei casalesi nelle Istituzioni. A Nick o’merican dopo un cumulo di circa 26 anni e tre mesi di carcere non resta altro che passare dalla parte della Giustizia e raccontare ai magistrati tutto quello che sa e che ha vissuto. Verità forse che mai nessuno porterà alla luce. Esperienze, contatti, spartizioni, legami che solo lui ha conosce. Si prospetterebbe una nuova alba per la nostra maledetta terra.