Non sono ancora stati ultimati i lavori dei tecnici comunali per l’identificazione dei 28 terreni di Villa Litemo, che il governo nel suo rapporto sulla Terra dei fuochi ha indicato come inquinati e su cui pende la spada di Damocle dell’eventuale emanazione del divieto di coltivazione, mentre è già deciso lo stop alla commercializzazione. Dopo circa due settimane di lavoro, incentrate soprattutto sulla «decriptazione» delle coordinate fornite dai ministeri dell’Ambiente, dell’Agricoltura e della Salute, amministratori e tecnici sono comunque riusciti a raggiungere qualche obiettivo. «Tutti i terreni classificati a “rischio quattro”, ovvero quelli che si avvicinano maggiormente al massimo grado di pericolo, si trovano in aree che non sono utilizzate per la coltivazione», dice il sindaco Nicola Tamburrino, che cerca di calmare l’ambiente, oramai in fibrillazione dopo che sono stati pubblicati i dati in cui Villa Litemo è stata segnalata come l’area dove ci sono la maggior parte dei terreni inquinati.
Secondo i risultati prodotti dal Comune, dunque, i terreni a «rischio quattro» sono tutti ubicati al confine con CastelVolturno, «in un’area che ha una falda acquifera superficiale ed è interessata dalla presenza di acqua proveniente dal mare, quindi inadatta alle coltivazioni» sottolinea Tamburrino che aggiunge: «Inoltre queste zone sono incolte da oltre trent’anni, non riusciamo quindi a capire com’è possibile che siano state segnalate». La sensazione degli amministratori è che questi terreni siano gli stessi che furono selezionati anni addietro, durante una precedente crisi ambientale. Anche in quel caso, però, il campionamento da parte dell’Asl non «portò all’individuazione di particolari problemi sul territorio» dice il sindaco. In attesa di ulteriori riscontri, l’amministrazione sta preparando delle iniziative per rilanciare l’agricoltura del territorio, già fortemente penalizzata dopo lo scoppio del caso della Terra dei fuochi. Mancano i carotaggi chiesti a gran voce dai produttori agricoli locali, preoccupati per le conseguenze che questo problema potrà avere sulla vendita dei pomodori. A rischio c’è la stagione di raccolta e gli operatori della filiera invocano chiarezza. Intanto la Regione Campania per ora ha le mani legate, dato che prima di far intervenire l’Arpac c’è bisogno «del via libera da parte del governo» ha fatto sapere l’assessore regionale all’ambiente Giovanni Romano.