Una lettera anonima, che proveniva probabilmente da imprenditori preoccupati per il fatto che lo scompaginamento, in seguito agli arresti, del clan locale aveva determinato richieste estorsive da parte di una cosca di un’altro paese. Il messaggio fu spedito al parroco che dall’altare, durante la messa di Pasqua del 2012, avvertì come a Casapesenna, il comune del Casertano dove prima il clan Zagaria dettava legge, fossero ormai arrivati i ”sanciprianesi” (dal vicino comune di San Cipriano di Aversa, ndr) a ”dare fastidio” senza che nessuno prendesse provvedimenti. L’episodio emerge dagli atti dell’inchiesta sull’ospedale di Caserta. Dopo la cattura del boss Michele Zagaria, e con il prolungarsi della detenzione di due fratelli, a gestire gli affari – si legge nell’ordinanza – fu l’altro fratello, Antonio. Si determinarono ritardi nei pagamenti che ”spettavano” alla famiglia Zagaria” che garantiva agli imprenditori locali l’aggiudicazione di importanti lavori e appalti pubblici. Racconta Giuseppe Venosa, un collaboratore che ebbe parte attiva in quella vicenda: ‘‘Nel periodo di Pasqua 2012 ci fu detto di andare da alcuni di questi imprenditori in società con la Famiglia Zagaria a chiedere soldi. Era successo questo: dopo l’arresto di Zagaria, venendo a mancare la sua guida ferma sul territorio, alcuni imprenditori iniziavano a far mancare i soldi che stabilmente garantivano alla famiglia. Fu così che Antonio Zagaria ci disse di andare a ‘bussare’ da questi imprenditori in modo che avessero l’idea che eravamo noi Sanciprianesi a chiedere questi soldi, e quando loro fossero andati da Zagaria per chiedere tutela, questi li avrebbe messi di fronte alle loro responsabilità”. Continua la lettura di Vergogna a Gomorra, i messaggi dei boss si leggono dall’altare
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La Cassazione conferma sei ergastoli al killer Giuseppe Setola
La Cassazione ha confermato sei ergastoli al boss stragista del clan dei casalesi. Giuseppe Setola è ancora sotto processo per altri tre agguati in cui furono uccise quattro persone: si tratta di quello al titolare di una scuola guida, Domenico Noviello, trucidato da decine di colpi il 16 maggio del 2008 in località Baia Verde di Castel Volturno (Caserta);
l’11 luglio, nel Lido “La Fiorente” di Varcaturo, venne ammazzato Raffaele Granata, 70 anni, gestore dello stabilimento balneare e padre del sindaco di Calvizzano (anche lui reticente alle richieste di pizzo); il 12 settembre, a San Marcellino, furono invece uccisi Antonio Ciardullo (titolare di una ditta di trasporti) Continua la lettura di La Cassazione conferma sei ergastoli al killer Giuseppe Setola
Camorra, politica, imprenditoria: 130 anni di carcere a boss e colletti bianchi
Appalti truccati e turbativa d’asta. Intreccio politica, mafia casalese e imprenditori-colletti bianchi. La politica e le istituzioni a braccetto con i sodali del clan dei casalesi per spartirsi la torta delle gare di appalto dei lavori pubblici. Un modus operandi noto e sotto gli occhi di tutti nella maggior parte dei comuni della terra di Gomorra. Era questo in sintesi l’impianto accusatorio dei pubblici ministeri Antonello Ardituro e Marco Del Gaudio della direzione distrettuale antimafia (DDA) di Napoli nel processo Normandia a carico di numerosi imprenditori, politici e boss della mafia casalese per la spartizione di appalti nell’agro aversano e nell’alto casertano. In totale sono più di 130 anni di carcere quelli comminati a termine del processo di primo grado dai giudici della seconda sezione del tribunale di Santa Maria Capua Vetere, presidente Luigi Picardi. 21 anni al figlio del boss Francesco Schiavone detto Sandokan, 21 anni e 6 mesi al boss ex latitante Antonio Iovine detto o’ninno, 12 anni a Mario Schiavone alis “bavettone”.
Condannati gli imprenditori Mariangela Capoluongo a 3 anni e 4 mesi, Michele D’Aniello a 9 anni, Oreste De Luca a 8, Vincenzo Della Volpe a 17 anni e 6 mesi, Giuseppe Diana a 3 anni. Continua la lettura di Camorra, politica, imprenditoria: 130 anni di carcere a boss e colletti bianchi