Sequestrato il tesoro di Grassia: estorsioni, investimenti illeciti e armi dalla ex Jugoslavia

Società, fabbricati e rapporti finanziari per circa 11 milioni di euro sono stati sequestrati dalla Direzione investigativa antimafia (Dia) di Napoli all’imprenditore Francesco Grassia, 70 anni, arrestato nel 2000 e ritenuto legato alla fazione Zagaria del clan dei Casalesi. Grassia, in passato aveva preso parte al gruppo facente capo a Zagaria Vincenzo, Biondino Francesco e De Simone Dario, operante nell’agro aversano forniva appoggio logistico agli affiliati al clan, riscuoteva il pizzo, ne investiva i proventi e importava armi dalla ex Jugoslavia, tra cui a fucili a pompa, bombe a mano e mitragliatori silenziati. Sono stati numerosi i collaboratori di giustizia che hanno delineato la figura di imprenditore organico al clan dei casalesi di Francesco Grassia, particolarmente attivo nella riscossione di tangenti e nel reinvestimento dei proventi illeciti. Come quando negli anni Novanta acquistò un importante complesso immobiliare di Aversa, l’ex “fabbrica Della Volpe”. Dalle indagini emerse che l’acquisto da parte di una societa’ facente capo a Grassia e ad altri esponenti del clan avvenne per un prezzo nettamente inferiore al valore di mercato, proprio grazie all’appartenenza al clan dei casalesi. Grassia con gli altri sodali importavano, attraverso Autiero Andrea e altri, dalla ex Jugoslavia, portavano in luogo pubblico, e detenevano, 8 pistole cai 7,62, 6 fucili calibro 12 a pompa e 15 bombe tipo ananas, tre mitragliatori tipo Scorpion calibro 7,65 con silenziatore, due pistole cai 9, una rivoltella di calibro non noto, sei kalashnikov, sei mitragliette Scorpion cai 7,65, pistole tipo Sigh Sauer ed altre armi da fuoco lunghe e corte, parte delle quali furono custodite prima dal Grassia e, poi, presso una masseria nella disponibilità di Di Gaetano Antonio e di tutto il sodalizio “casalese”, parte dal Bidognetti Domenico e dal Bidognetti Francesco, parte dal Ferriero e dagli Schiavone presso la masseria del Papa Agostino. Il collaboratore Dario De Simone in un interrogatorio del marzo del ’96 ne traccia il profilo di contiguità col clan dei casalesi: “voglio dire che l’unico mio prestanome è Grassia Francesco il quale è un imprenditore edile. Io e Biondino Francesco assicuravamo gli appalti alla sua impresa nella zona industriale di Teverola. Il Grassia figura intestatario della quota del 40% nell’acquisto di un capannone industriale nella zona dì Aversa, già di proprietà di Della Volpe che trattava scarpe. Questo capannone era già appartenuto all’avv. Scalzone ed alla famiglia Diana con attività commerciale in Aversa (negozio di HI FI). Il capannone fu acquistato da Fabozzi Saverio di Trentola Ducenta, da Russo Luciano imprenditore di pompe funebri a Giugliano e dai fratelli Balivo, titolari di una grossa rivendita di materiali edili in Trentola, e da me e Biondino. L’acquisto venne effettuato per l’importo di 2 miliardi e mezzo di lire. La nostra quota, come ho detto pari al 40% venne intestata a lui od un suo familiare”. Il decreto di sequestro è stato emesso dalla Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere.