Stanato in Brasile il “superpentito” e boss sanguinario Pasquale Scotti

L’Interpol e gli uonini della Polizia di Napoli hanno rintracciato ed arrestato il superlatitante Pasquale Scotti nel pomeriggio di oggi in Brasile. “Pasqualino ‘o collier”, chiamato così per aver donato un collier di 30 milioni alla fidanzata di Raffaele Cutolo, si nascondeva a Recife in Brasile e usava il nome di Francisco de Castro Visconti. Aveva due figli e una moglie. Torno alla sera del 24 dicembre del 1984. Era rinchiuso in un reparto dell’ultimo piano dell’ospedale di Caserta. Con attrezzi, ed una fune, fattigli pervenire non si sa come, riuscì a segare le sbarre della finestra e, poi, a calarsi giù fino al primo piano dal quale saltò sulla strada dove alcuni complici erano ad attenderlo con una vettura. Era stato portato nell’Ospedale casertano da una “prigione segreta” – forse una caserma dei carabinieri o della polizia – nella quale era custodito, perché secondo indiscrezioni dell’epoca “superpentito”. Aveva, infatti, ricevuto molte minacce. Scotti era stato uno dei più sanguinari “capi-zona” di Raffaele Cutolo in Campania. Nella zona di Caivano, dove era stato catturato, aveva imposto con il terrore la sua presenza: saccheggi, estorsioni, tentativi di omicidio non si contavano. Dopo la sua cattura in un vecchio castello di Cardito, sulla strada Nazionale Sannitica, il vice questore Malvano aveva ritrovato un arsenale dove la banda si andava ad armare prima di ogni operazione delittuosa. Appena conosciuta la notizia dell’evasione di Scotti dall’ospedale, carabinieri e polizia fecero nella zona battute e posti di blocco, ma senza esito. L’ inchiesta sulla fuga del “superpentito” fu affidata e  coordinata dal sostituto Procuratore della Repubblica Enzo Scolastico. Pasquale Scotti era stato catturato il 17 dicembre, dopo una sparatoria con la polizia a Caivano. Un proiettile lo aveva ferito alla mani destra e per il riacutizzarsi della ferita era stato ricoverato nell’ospedale dal quale scappò. Aveva detto agli investigatori di essersi “pentito” e ottenuto, così, di non essere chiuso in un carcere di massima sicurezza ma in una caserma. I suoi familiari, che vivono a Casoria, subirono minacce e attentati. Scotti, aveva chiesto per essi protezione alle forze di polizia. Fu il secondo “pentito” evaso nel casertano, dopo il camorrista Di Girolamo. Altri tre pentiti, D’Amico, ex luogotenente di Cutolo, Zanetti e Lauria sono evasi da una caserma di polizia a Napoli ma poco dopo furono riacciuffati. Scotti fu accusato da un suo complice, Marra, anche lui pentito, di aver dato l’ ordine di uccidere “Dolly”, Giovanna Materazzo, l’amica di Enzo Casillo, perché “sapeva molte cose della camorra”. L’Ufficio Istruzione del Tribunale di Napoli, presieduto dal dott. Achille Farina, si affrettò subito a smentire le voci sul presunto boss camorrista Pasquale Scotti che lo ritenevano fosse un “pentito o superperito” della camorra. Il giudice istruttore Giovanni De Lucia il quale, insieme con i colleghi Fontana e Spirito, si occupavano dell’istruttoria sulla Nuova Camorra Organizzata, riferendosi a quanto scritto nella sentenza di rinvio a giudizio dei 638 presunti appartenenti alla organizzazione di Raffaele Cutolo, ricordava che “l’ambiguità” ed il comportamento processuale di Scotti sono di entità tale da imporre un giudizio fortemente dubitativo sull’effettiva volontà di dissociarsi, dallo stesso manifestata, e quindi sull’attendibilità delle sue dichiarazioni, infatti Scotti è l’unico dei numerosi dissociati il quale non intende nel presente procedimento formulare chiamate di correo nei confronti di alcuno degli imputati ammettendo soltanto a suo carico ciò che avevano dichiarato i ‘pentiti’ Marra e Dignitoso”. Dopo aver ricordato le ipotesi innocentiste espresse da Scotti nei riguardi di Enzo Tortora, formulate in un solo verbale del 2 marzo 1984, non sottoscritte quantunque rese spontaneamente, il dott. De Lucia sottolineava che il sostituto Procuratore della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere, dinanzi ai quali le ipotesi stesse furono fatte, “non ha ritenuto trasmettere alcun atto all’autorità giudiziaria competente, cioè l’ufficio istruzione di Napoli”. Secondo i magistrati dell’Ufficio Istruzione del Tribunale di Napoli, Pasquale Scotti “era e rimane un fedele cutoliano”.