“Il comune di Orta di Atella si sviluppa su una superficie di 10,7 km quadrati ed oggi conta una popolazione di oltre 28.000 abitanti. La popolazione del comune e aumentata dall’anno 2002 ad oggi ben oltre il 100%. Infatti, da una popolazione di 13.099 residenti (dato riferito all’anno 2002) si e passati ad oltre 28.000 abitanti (dato riferito al 2014). Lo sviluppo demografico della locale popolazione ha trovato riscontri nella speculazione edilizia che il territorio ha dovuto subire nel corso degli ultimi 12 anni, atteso che la cementificazione “illegale e priva di alcun controllo” e durata per circa un decennio, arrecando gravissimi danni al territorio, all’ambiente, alla convivenza civile ed al concetto stesso di legalità. Il fenomeno complessivo di devastazione ambientale, mista ad inefficienza; corruzione; concussione degli appartenenti alla locale Pubblica Amministrazione ha contribuito, proprio negli ultimi 12 anni a distruggere questo territorio”. A descrivere questo dello scempio urbanistico del territorio perpetrata nel cuore della zona atellana è il Gip del Tribunale di Napoli, Luisa Miranda, a proposito dell’ultima inchiesta che ha riguardato Angelo Brancaccio, ex sindaco di Orta di Atella, finito in carcere per associazione per delinquere di stampo camorristico. Secondo la Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli che ha coordinato l’indagine, l’ex primo cittadino, vero dominus della cittadina del casertano avendo ricoperto la carica quattro volte per un totale di 18 anni, sarebbe il principale artefice, in accordo con i boss dei Casalesi e dei Mallardo di Giugliano, della colata di cemento che negli anni ha “inondato” l’80% del territorio di Orta, trasformandola in una città dormitorio senza servizi primari, come fogne e strade, e in cui gli appartamenti venivano venduti a prezzi stracciati attirando famiglie da Napoli e provincia. L’indagine della Dda – sostituti Luigi Landolfi e Patrizia Dongiacomo coordinati dall’Aggiunto Giuseppe Borrelli – e dei Carabinieri del Nucleo Investigativo di Caserta fissa un ulteriore punto e ipotizza che l’edificazione sia stata realizzata da Brancaccio in accordo con la camorra, in particolare con i boss Peppe Russo detto “o’ padrino”, legato alla famiglia Schiavone di Casal di Principe, e con Feliciano e Giuseppe Mallardo, capi dell’omonimo clan. Brancaccio finì già in carcere due anni fa, mentre era sindaco, per corruzione con l’aggravante mafiosa in relazione all’attività della società Gmc, che per la DDA sarebbe stata creata da Brancaccio a metà degli anni 2000 con l’appoggio del clan al fine di aggiudicarsi appalti comunali nel settore soprattutto dei rifiuti. Ancora prima, nel 2007, Brancaccio, in quel momento consigliere regionale dei Ds, fu arrestato sempre per in relazione ai reati di peculato, corruzione, favoreggiamento, falsità ideologica, abuso d’ufficio ed estorsione. Del politico hanno parlato numerosi collaboratori di giustizia. Tutti hanno confermato i suoi stretti legami con il clan, tanto da farlo apparire come un vero e proprio affiliato, più che un politico a disposizione delle cosche. “Se devo dare una definizione di Brancaccio devo dire che egli è più camorrista che politico, per il modo con cui ha gestito gli appalti sul territorio di Orta e soprattutto per gli strettissimi rapporti che aveva con gli uomini del clan” – riferisce il collaboratore di giustizia Orlando Lucariello – che continua: “Brancaccio aveva poi un fortissimo ritorno politico elettorale, sia perché gli imprenditori che lavoravano su Orta era chiamati a finanziare le campagne elettorali sia perché induceva tali imprenditori a mettere a lavorare nei cantieri persone di Orta di Atella ed anche a dare piccoli lavori a cottimo. Il meccanismo era piuttosto semplice: gli Aprovitola (imprenditori del cemento – nda) e anche altri imprenditori mettevano le imprese ed i capitali per acquistare i terreni, per lo più agricoli, Brancaccio e la sua amministrazione provvedevano ove possibile alla trasformazione degli strumenti urbanistici e comunque della concessione dei permessi a costruire, il clan garantiva l’equilibrio sul territorio e la possibilità di procedere senza intoppi. Il risultato era che c’erano soldi per tutti, l’imprenditore faceva affari d’oro edificando centinaia e centinaia di costruzioni che vendeva a prezzi altamente remunerativi, Brancaccio prendeva un sacco di soldi come tangenti perché altrimenti non avrebbe mai messo la firma su quegli atti amministrativi e anche noi del clan avevamo un costante flusso di denaro che ci serviva per il pagamento degli stipendi degli affiliati e per il mantenimento dei detenuti”. Finalmente qualcuno ha messo mano sugli affari e sulla speculazione-devastazione del cemento atellano.