Giacca e cravatta, sempre impeccabile, ossequiato da tutti, lo si vedeva puntuale ogni mattina aggirarsi per i corridoi con l’aria di chi comanda e sa farsi rispettare. E per quanto in quell’ospedale non rivestisse alcun ruolo, il geometra Francesco Zagaria faceva valere il peso di un cognome che a Caserta e dintorni incute timore: era lui infatti che decideva tutto, curava i rapporti con politici e amministratori, stabiliva a chi assegnare gli appalti e le quote che dovevano essere versate alla famiglia. Cognato della ex primula rossa dei Casalesi Michele Zagaria, rappresenta la figura centrale dell’inchiesta della Dda di Napoli che ha portato oggi all’esecuzione di 24 ordinanze di custodia (10 in carcere e 14 ai domiciliari) – con accuse che vanno dall’associazione mafiosa, corruzione, turbativa d’asta e abuso ufficio – a conclusione di una indagine sugli appalti truccati all’azienda ospedaliera Sant’Anna e San Sebastiano di Caserta. Le indagini della Dia, coordinate dal procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli e dai pm Antonello Ardituro (ora al Csm) e Alessandra Lucchetta, hanno svelato che l’ospedale era sotto il dominio pieno e incontrollato della cosca degli Zagaria, fazione del clan dei Casalesi del comune di Casapesenna. I magistrati parlano di “una pervasiva e consolidata rete di connivenze e collusioni, sotto la regia dei boss della camorra casertana, tra appartenenti al mondo della pubblica amministrazione, della politica e dell’imprenditoria”. Gli investigatori hanno anche documentato con foto e video incontri dove imprenditori, politici e boss erano a braccetto. Quando Francesco Zagaria morì di infarto pochi giorni dopo la cattura del boss latitante, la gestione degli affari passò alla moglie, Elvira, arrestata all’alba nel corso della retata della Dia. Una vicenda che coinvolge anche diversi esponenti politici. Due agli arresti (l’ex consigliere regionale Angelo Polverino e l’ex consigliere provinciale di Caserta Antonio Magliulo, considerato un referente dell’ex deputato ed ex sottosegretario Nicola Cosentino, da tempo in carcere per presunte collusioni con i Casalesi). Ingenti i sequestri eseguiti dalla Dia: quattro ditte (Odeia srl, R.D. Costruzioni, Luigi Iannone e Salvatore Cioffi), 18 immobili, undici terreni, un box auto, tre autovetture e quote societarie per un valore di 12 milioni di euro. Gli Zagaria gestivano in regime di monopolio gli appalti e gli affidamenti diretti di lavori. Negli ultimi anni il clan si era gradualmente infiltrato nel tessuto politico-amministrativo della struttura sanitaria casertana. Al centro dell’inchiesta tre gare di appalto e affidamenti di lavori per un valore di oltre tre milioni di euro, assegnati sempre alle stesse ditte a partire dal 2006: dalla manutenzione degli ascensori fino alla gestione del bar. Severe le conclusioni del gip Giuliana Taglialatela: Francesco Zagaria “aveva costanti contatti con i più importanti esponenti politici campani e spesso aveva fatto da mediatore in complicate controversie che nascevano tra loro. Quasi che le sorti politiche della Regione Campania fossero affidate al cognato del più importante camorrista della stessa regione, peraltro all’epoca latitante da quasi quindici anni”. Le indagini ”dimostrano che Francesco Zagaria, un geometra di Casapesenna, insieme al suo fidato autista e factotum, Remo D’Amico, un pensionato di Francolise gestore di un piccolo caseificio del casertano, avevano in pugno le sorti di uomini ritenuti potentissimi”. Nell’ordinanza del gip Taglialatela compaiono anche i nomi del Presidente della Regione Campania, Stefano Caldoro, e dell’ex sindaco di Roma, Gianni Alemanno, citati da alcuni degli arrestati. Il procuratore capo di Napoli, Giovanni Colangelo, ha spiegato che la presenza del nome di Caldoro nell’inchiesta “non ha acquisito alcuna rilevanza penale”. “Bisogna garantire trasparenza e legalità – ha detto Caldoro – e continuare il duro lavoro di risanamento avviato in questi anni con costanza e impegno in un settore complicato. Andiamo avanti avendo piena fiducia nell’operato della magistratura – ha concluso – ed essendo i più interessati al corretto andamento delle procedure”. L’operazione che ha permesso di “smantellare la rete criminale che gestiva gli appalti e i lavori all’interno dell’ospedale di Caserta è una nuova conferma che le mafie abitano il nostro mondo soprattutto grazie alle coperture e alle complicità della politica e della pubblica amministrazione”. Ad affermarlo è Rosy Bindi, presidente della Commissione parlamentare antimafia. “L’ottimo lavoro d’indagine svolto dalla Dia di Napoli, coordinata dalla Dda di Napoli – sottolinea Bindi – ha svelato un complesso e inquietante sistema politico-mafioso-imprenditoriale controllato dal clan Zagaria che da quasi un decennio esercitava il monopolio nei bandi di gara dell’ospedale e che poteva contare sul sostegno dell’ex sottosegretario all’Economia e coordinatore del Pdl campano, Nicola Cosentino. Lo scambio politico mafioso e’ un cancro che inquina la democrazia, alimenta la corruzione e sperpero di denaro pubblico e soprattutto, come in questo caso, condiziona la qualita’ e l’efficacia di servizi essenziali per i cittadini”.