Un soprannome, ‘o ninno, riferito al fatto che il suo primo arresto avvenne in eta’ molto giovane, ma soprattutto perche’ l’eta’ e 14 anni di latitanza non sembra aver indurito e invecchiato il suo volto. Antonio Iovine, 50 anni, da 4 anni al regime del 41 bis nel carcere di Badu ‘e Carros, nei mesi scorsi aveva revocato i suoi legali storici. Ma gia’ a dicembre 2010, a poche settimane dall’arresto, era trapelata la notizia di un suo colloquio con l’allora procuratore della Direzione nazionale antimafia Pietro Grasso; le voci di un suo possibile pentimento allora furono prontamente smentite dallo stesso Grasso. Inserito dal 1996 nell’elenco dei trenta latitanti piu’ pericolosi d’Italia e dal 1999 cercato in ambito internazionale, Iovine era stato catturato dalla polizia guidata all’allora capo della Squadra Mobile di Napoli Vittorio Pisani, che poi porra’ fine anche alla latitanza dell’altro boss Michele Zagaria, il 17 dicembre 2010 a Casal di principe, in un covo creato in una intercapedine di una villetta in V traversa Cavour di un suo fiancheggiatore, Marco Borrata. Iovine ha una condanna definitiva all’ergastolo, per associazione a delinquere di stampo mafioso e omicidio, arrivata nel 2008 in contumacia nell’Appello del primo processo noto come Spartacus. Proviene da una famiglia da sempre coinvolta nelle attivita’ della criminalita’ organizzata casertana, a cominciare dallo zio Mario Iovine, fedelissimo del boss Antonio Bardellino. Molto legato al boss Francesco Schiavone, detto Sandokan, ne era considerato il ‘delfino’. Una organizzazione ancora viva e potente nonostante da oltre vent’anni le cronache raccontino, a cadenza pressoche’ quotidiana, di raffiche di arresti, di ergastoli e di migliaia di anni di reclusione inflitti a boss e gregari, come di sequestri di beni (case, terreni, aziende) per importi ingentissimi. Ma adesso la decisione – adottata da qualche settimana ma solo oggi venuta alla luce – di un pezzo da novanta come Antonio Iovine di collaborare con la giustizia potrebbe rappresentare davvero il colpo di maglio mortale per il clan dei Casalesi, il sodalizio della camorra piu’ agguerrito e temuto, con voce in capitolo in tutti gli affari illegali del Casertano (e non solo), e che non a caso aveva propri rappresentanti nella cupola di Cosa Nostra. Magari ‘o ninno (che sta per bimbo), come lo chiamano sia per l’aspetto da eterno ragazzo sia per aver intrapreso da giovanissimo la sua carriera criminale, in considerazione del suo ruolo da ”ministro dell’economia” dell’organizzazione potrebbe aiutare soprattutto a ricostruire la rete di affari, estesa dal Casertano a varie zone del centro-nord, dove negli ultimi anni e’ stato riciclato il fiume di denaro ricavato dal traffico di droga, dal racket delle estorsioni e dalle infiltrazioni negli appalti pubblici. Questo l’auspicio dei magistrati della Direzione distrettuale di mafia che hanno convinto il boss a recidere i legami con la malavita organizzata e hanno gia’ riempito pagine e pagine di verbali con le sue dichiarazioni, dopo aver provveduto ad assicurare la protezione ai familiari. Che la sua parabola che lo aveva portato repentinamente ai vertici del clan, dopo la cattura dei capi storici Francesco Schiavone ”Sandokan” e Francesco Bidognetti ”Cicciotto ‘e mezzanotte”, fosse in fase discendente, ‘o Ninno lo aveva capito il 17 novembre 2010 quando la polizia lo scovo’ a Casal di Principe nella casa di un fiancheggiatore mettendo fine a una latitanza durata quattordici anni. Con una condanna definitiva all’ergastolo e la prospettiva quindi del carcere duro che gli avrebbe impedito o almeno reso assai complicati i contatti con i suoi fedelissimi, il boss nato cinquanta anni a San Cipriano d’Aversa (la citta’ di altri due padrini del calibro di Antonio Bardellino e Antonio Iovine), forse nel momento stesso in cui lo ammanettarono comincio’ a considerare l’ipotesi che quella del pentimento era ormai l’unica strada che gli restava. E sapeva che gli inquirenti erano pronti a cogliere l’occasione unica di acquisire le rivelazioni di un personaggio di grande spessore criminale, con un livello di conoscenze molto piu’ alto di chiunque appartenente al clan abbia finora deciso di collaborare. La decisione di Iovine, per quanto riguarda gli assetti criminali, potrebbe avere sull’organizzazione gli stessi effetti che negli anni Novanta ebbero le defezioni di boss del calibro di Carmine Alfieri e Pasquale Galasso sul destino del sodalizio Nuova Famiglia, protagonista della lunga guerra senza quartiere con la Nco di Raffaele Cutolo. “I pentimenti sinceri – sottolinea il ministro degli Interni Angelino Alfano – giovano al contrasto alle mafie, lo abbiamo scoperto grazie alle intuizioni di grandi magistrati come Giovanni Falcone e abbiamo inferto colpi durissimi alla mafia ed alla ‘ndrangheta. Se la stessa cosa avverra’ per la camorra si potrebbero aprire scenari investigativi interessanti e potremmo arrivare alla sconfitta della camorra”. Da qualche giorno tutti i parenti sono stati trasferiti in localita’ segrete. E’ stato lo stesso Iovine ad indicare i parenti “a rischio” da includere nel programma di protezione e quindi da allontanare dal Casertano: la moglie, Enrichetta Avallone, 45 anni, finita in carcere nel 2008 per una vicenda di estorsione e tornata in liberta’ nel luglio del 2011; e il figlio, Oreste, 25 anni, che invece e’ tuttora detenuto: fu fermato il 19 ottobre del 2013, insieme ad altre quattro persone vicine alla fazione del clan guidata dal padre, con l’accusa di associazione mafiosa, estorsione e traffico di droga. Se il clan sopravvivera’ alla fine dei suoi padrini lo si sapra’ tra non molto, quando forze dell’ordine e magistrati tireranno le somme.