Nuovo arresto per l’ex parlamentare Pdl Alfonso Papa. I militari del Nucleo di Polizia tributaria della Guardia di Finanza di Napoli hanno eseguito un’ordinanza emessa dal gip di Napoli applicativa della custodia cautelare in carcere per Alfonso Papa e ai domiciliari per Giovanni Papa, padre dell’ex parlamentare. Ad entrambi sono contestate più condotte di concussione per induzione, ora “indebita induzione a corrispondere denaro e altre utilità”, realizzate con riferimenti agli imprenditori Angelo e Roberto Grillo, operanti nel settore dei servizi di pulizia e arrestati nelle scorse settimane. I Grillo “erano titolari di una società destinataria, all’epoca dei fatti, di interdittiva antimafia adottata dalla Prefettura di Caserta – ricorda il procuratore aggiunto Alfonso D’Avino – per gli accertati rapporti tra la famiglia Grillo e soggetti appartenenti e comunque contigui al clan camorristico Belforte di Marcianise”. Alfonso Papa, in qualità di parlamentare, membro della Commissione Giustizia della Camera e della Commissione parlamentare antimafia negli anni 2009 e 2010, avrebbe indotto i Grillo (in particolare Angelo Grillo è stato arrestato ieri per la seconda volta nell’ambito dell’inchiesta su una speculazione edilizia a Marcianise. Era già coinvolto in altre inchieste, come quella sugli appalti concessi dall’Asl di Caserta alle sue ditte, ed è attualmente detenuto a Parma (in regime di 41 bis) per concorso esterno in associazione camorristica – nda) a cedere alle sua richieste di denaro prospettando che, anche in forza dei suoi legami con i più alti livelli della pubblica amministrazione e degli enti partecipati, avrebbe garantito “la sua protezione e il suo intervento risolutivo sul Consiglio di Stato, presso il quale pendeva la procedura proposta dai Grillo contro la decisione del Tar Campania che, in prima istanza, aveva rigettato il ricorso contro l’interdittiva antimafia, gravame poi effettivamente accolto dal Consiglio di Stato”. Inoltre Papa avrebbe garantito l’aggiudicazione di appalti di servizi di pulizia presso Trenitalia spa, l’aggiudicazione di appalti inerenti servizi di pulizia gestiti dalla Consip, ovvero di subappalti, conferiti da ditte e società aggiudicatarie di appalti da parte di Consip, e l’aggiudicazione di altri lavori pubblici tra i quali quelli riguardanti il porto di Cecina, in provincia di Livorno. Dalle indagini è emerso che il ruolo di Giovanni Papa, con frenquenti contatti con gli imprenditori Grillo, sarebbe stato di “stretta collaborazione con il figlio Alfonso, per conto del quale, più volte, aveva materialmente riscosso le somme di denaro versate dagli imprenditori per i servigi resi dal figlio, imprenditori che aveva finanche accompagnato negli uffici di Trenitalia per l’aggiudicazione degli appalti”. Ad Alfonso Papa è stato inoltre contestato il reato di induzione a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria, “per aver promesso alla sua segretaria, a conoscenza di circostanze rilevanti per la prosecuzione delle indagini nei suoi confronti, utilità di vario tipo per indurla al silenzio, vale a dire a non rendere dichiarazioni ovvero a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria della Procura di Napoli”. Infine il gip ha ravvisato gravi indizi di colpevolezza nei confronti di Alfonso Papa anche per il delitto di peculato, per quanto riguarda “l’indebito utilizzo dal febbraio 2002 al febbraio 2011, da parte sua e della sua famiglia, di un’autovettura della Guardia di Finanza con militari che fungevano da autisti, assegnazione costata all’Erario circa 350mila euro e risultata del tutto illegittima in quanto assolutamente contraria alle disposizioni di legge e regolamenti vigenti in materia”. Napoletano, 44 anni, ex pm della procura, Alfonso Papa fu vicecapo di gabinetto del ministro della Giustizia quando guardasigilli era Roberto Castelli. Con l’avvento di Clemente Mastella, ministro della Giustizia nel governo Prodi, nel maggio 2006, divenne direttore generale degli affari civili. Eletto deputato nel 2008 con il Pdl, ha fatto parte della Commissione giustizia della Camera e della Commissione antimafia: incarichi dei quali, secondo le accuse che oggi lo hanno riportato in carcere, avrebbe abusato per esercitare influenze, in cambio di denaro e altre utilita’, a favore degli imprenditori Grillo, vicini al clan camorristico dei Belforte.